Un principio a cui don Alberione ha ispirato tutta la sua opera e che ha trasmesso ai suoi, è espresso nell’idea di “partire dal Presepio”, “partire da Betlemme”, “partire da Nazaret”. Ecco il commento di don Renato Perino, suo stretto collaboratore: “Non si è mai tormentato nell’architettare vasti programmi di partenza, in cui tutto fosse previsto. Un’intuizione penetrata nel suo spirito dopo ore e ore di meditazione dinanzi al Tabernacolo, basta a farlo scattare all’azione”. Sa che la sua è “una vocazione che aveva tanto del nuovo” e allora “deve rifarsi alla povertà e all’umiltà di Betlemme, affinché le sue radici penetrino profondamente nel terreno e gli siano risparmiate le insidie di una crescita troppo precoce…” (Renato Perino, in Mi protendo in avanti, p. 41).
Don Alberione si considera “un semi-cieco, che è guidato; e col procedere viene di tanto in tanto illuminato, perché sempre possa avanzare: Dio è la luce” (Abundantes divitiae, 202).
Ai Paolini, specialmente all’inizio di nuove opere o delle fondazioni in terre lontane, ripeteva: «Cominciate piccoli per crescere». E a don Desiderio Costa, nella Spagna della rivoluzione (1935), scrive che se dovesse ricominciare (l’opera paolina) lo farebbe con gente meno preparata e con mezzi più precari di allora, perché, nell’insufficienza dei mezzi e delle persone, si manifesta meglio la potenza di Dio. Era una maniera di impegnarsi, ma anche di impegnare Dio nella missione da lui stesso suscitata.
* Un percorso attraverso i pannelli che raccontano la sua storia, presenti nel corridoio antistante la sottocripta della Basilica Regina degli Apostoli.