Dalla Sottocripta prende l’avvio il tema narrativo delle tre chiese della Basilica Minore. Una catechesi per immagini, lo ricordiamo, che ha per tema: “La via dell’umanità nel piano di salvezza di Dio”: “per Maria, in Cristo e nella Chiesa”.
«La “Via dell’umanità” – scrive l’Alberione – indica la storia dell’uomo dal giorno in cui Dio creò Adamo sino al giorno in cui si arriverà alla fine del mondo… Vi è una doppia storia: la manifestazione della bontà di Dio… e la corrispondenza dell’uomo… Questa duplice storia si divide in quattro parti:
• dalla creazione a Gesù Cristo
• la vita di Gesù Cristo
• la Chiesa, da Gesù Cristo alla fine del mondo
• l’eternità.
La Cripta inferiore (=sottocripta) narra questa storia di sapienza e di amore di Dio per l’uomo e la corrispondenza dell’uomo a Dio…».
Erano previsti, all’inizio, 30 quadri in mosaico. Ridotti poi a 24, divisi nelle quattro parti sopra indicate. La compiutezza di questo grandioso tema è rimasta però nella mente di don Alberione. Ecco come doveva essere.
Per ragioni di necessità pratiche, il progetto venne infatti ridimensionato a cinque pannelli di mosaico, opera di Teofilo Raggio: segnano il punto di partenza e di arrivo del ciclo completo.
I temi dei cinque pannelli sono i seguenti.
Il quadro centrale, nell’abside, rappresenta la Santissima Trinità. Con la didascalia: “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”.
I due quadri a destra rappresentano l’inizio del progetto visivo:
- la creazione dell’universo, con la scritta: “In principio Dio creò il cielo e la terra”.
- la creazione della prima coppia umana, con la scritta: “Dio creò l’uomo a sua immagine, tali creò l’uomo e la donna”.
I due quadri a sinistra rappresentano la parte finale del progetto:
- l’incoronazione della Santa Vergine (glorificazione di Maria), con la scritta: “Una donna vestita di sole… e sul capo una corona di dodici stelle”.
- il trionfo e la gloria del cielo (adorazione dell’Agnello), con la scritta: “Essi stavano davanti al trono e dinanzi all’Agnello, in bianche vesti e con palme in mano”.
Il primo quadro che si presenta alla vista, dietro l’altare, è quello della Trinità. Le figure dominanti la scena sono quelle del Padre, del Figlio e dello Spirito. L’impressione che si ha guardando l’opera è quella di eternità, pace. L’amore lega tutti i personaggi e coinvolge il pellegrino che vi si pone dinanzi. I colori più scuri sono collocati all’esterno delle figure in maniera tale da risaltarne l’importanza. Colore dominante nei tre personaggi è il rosa, a indicare la Sapienza.
Lo sfondo dà l’idea del monte, del monte di Dio. Sia il Padre che il Figlio sono seduti sul trono. Dio Padre ha in mano lo scettro, simbolo di guida e comando; notiamo la barba canuta, simbolo di saggezza e autorevolezza. Dio Figlio ha in mano la croce e allo stesso tempo la indica con la mano destra, mostrandola come Via della Salvezza. Le mani e i piedi sono privi di stigmate: l’autore ha voluto accentuare la natura divina del Cristo. Lo Spirito Santo è figurato con fattezze di colomba, simbolo della pace e dell’amore che regna tra il Padre e il Figlio; emana tre raggi che lo collegano al Padre, al Figlio e all’umanità.
Sulla parete a destra dell’altare troviamo l’immagine raffigurante la creazione del mondo. Figura dominante la scena è quella di Dio che crea gli elementi dell’Universo: terra, acqua, stelle, luna e sole… Il volto di Dio esprime sentimenti di bontà e di amore per tutte le creature. Anche in questo quadro la composizione cromatica conduce l’attenzione del visitatore. I colori dello sfondo variano in modo tale da raffigurare la creazione della notte e del giorno.
Accanto è ritratta la creazione della prima coppia umana. La scena si svolge nell’Eden; risaltano le figure di Dio e delle sue creature, prime fra tutte Adamo ed Eva. L’autore ha espresso nella sua composizione l’armonia tra Dio, l’uomo, la donna e la natura prima della caduta nel peccato; armonia evidenziata in particolare dalla presenza di “coppie”: umana e di animali vari. La mancanza di contrasto tra i colori rende il contesto equilibrato in ogni singola tessera.
Sulla parete a sinistra dell’altare c’è l’incoronazione di Maria da parte di Gesù: la nuova Eva e il nuovo Adamo. La caduta nel peccato dell’uomo e quindi la rottura dell’alleanza (come si sarebbe visto se tutti i quadri fossero stati realizzati) ha reso necessario il riscatto dell’uomo. Fondamentale è stato il “sì” di Maria, meritando così il titolo di Regina degli Apostoli e Prima Maestra per qualunque tipo di vocazione. In questo mosaico sono in primo piano le figure di Maria e di suo Figlio per mezzo di tonalità tendenti all’oro, ma è soprattutto la Madonna ad essere esaltata. Le figure di secondo piano sono quelle delle entità celesti, in particolare l’angelo che “aiuta” Cristo a posare sul capo della Vergine la corona di dodici stelle. Tra i due vi è lo Spirito Santo, da cui sprigionano sette raggi esprimenti un senso di completezza.
Nell’ultimo mosaico – dai colori luminosi e tonalità che dà sul pastello – notiamo schiere di Santi vestiti di bianco e Maria, con la corona da regina, in posizione di rilievo, corredentrice e co-apostola del genere umano. Nella parte centrale notiamo la corrispondenza tra le figure di Dio, dello Spirito Santo e dell’Agnello (simbolo del Cristo) allineati verticalmente e circondati da una schiera di anime beate. Risaltano le figure di Paolo di Tarso e di Pietro, il primo col rotolo della Parola e la spada, il secondo con le chiavi a lui affidate da Cristo. Spiccano i lineamenti dell’Assunta situata come tramite tra gli apostoli, i santi e Dio. Questo viene confermato dalla composizione: infatti in essa la Madonna in prospettiva sembra situata più in alto. Analizzando la composizione centrale scopriamo, ai piedi dell’Agnello, un arcobaleno, emblema della pace eterna promessa a Noè dopo il Diluvio Universale.
Accanto a quest’ultimo mosaico, dal 27 aprile 2003 al 1° novembre 2021, era collocata l’urna del Beato don Giacomo Alberione (ora collocata nella cappella del Tempio dedicata a Gesù Maestro). Era lì a dirci che la santità è possibile; che, per diventare santi, basta essere un tutt’uno con Dio. E ci ricordava anche la sua vocazione e la sua missione nel mondo. (Nella sottocripta è rimasta la struttura che ospitava l’urna).
L’urna poggiava sulla figurazione di un tronco reciso. Il tronco reciso però non significava morte, fine di tutto. Ed ecco, in verticale, elevarsi come dieci rami: sono le dieci istituzioni fondate da don Alberione: Società San Paolo, Figlie di San Paolo, Pie Discepole del Divin Maestro, Suore di Gesù Buon Pastore (Pastorelle), Istituto Regina degli Apostoli per le Vocazioni (Apostoline), Istituto di Gesù Sacerdote, Istituto San Gabriele Arcangelo, Istituto Maria SS.ma Annunziata, Istituto Santa Famiglia, Unione dei Cooperatori Paolini. Scherzando sul suo cognome, don Alberione diceva che l’Istituto era un grande albero: «Alzate gli occhi, mirate in alto un grande albero di cui non si vede la cima: questa è la nostra casa che è davvero un alberone; voi non siete che alle radici… oh, se voi capiste mai il tesoro che è in voi, dove il Signore vi chiama…».
Da questi rami scende – come fiori – un fiume di luce che si riversa sul mondo. L’opera del Beato Alberione continua: i dieci Istituti, illuminati dallo Spirito, annunciano il Cristo con i mezzi più celeri ed efficaci, «facendo a tutti la carità della verità».
«Quale formidabile eredità egli lascia alla sua Famiglia religiosa!», ha affermato il Papa Giovanni Paolo II nell’omelia seguita alla Beatificazione. «Possano i suoi figli e le sue figlie spirituali mantenere inalterato lo spirito delle origini, per corrispondere in modo adeguato alle esigenze dell’evangelizzazione nel mondo di oggi».
Tomba della Venerabile Suor Tecla Merlo
Sulla destra di chi guarda l’altare è collocata la tomba di Suor Tecla Merlo (1894-1964), prima Superiora Generale delle Figlie di San Paolo, proclamata “Venerabile” il 22 gennaio 1991. Una figura di rilievo che, al seguito di don Alberione, ha assunto nella sua pienezza il carisma paolino: vivere e comunicare Gesù Cristo con i mezzi della comunicazione.
Da giovane sentiva forte il desiderio di consacrarsi a Dio, a servizio del Vangelo. Aveva 19 anni quando la sua sensibilità religiosa si incontra con quella di don Alberione, che la invita a coordinare un gruppo di ragazze (le future Figlie di San Paolo, o Suore Paoline) che si preparavano a lavorare per la buona stampa. Nell’emettere i voti religiosi, Teresa (questo il suo nome di battesimo) riceve un nuovo nome: Tecla, in ricordo della prima discepola dell’apostolo Paolo. Accanto all’Alberione, fu convinta sostenitrice dell’apostolato paolino, come continuazione della missione di Gesù: «Imprestiamo i nostri piedi al Vangelo, perché il suo messaggio corra e si estenda».
Le grandi passioni di Suor Tecla sono il Paradiso e le anime a cui fare del bene: «Vi sono tante anime che aspettano la salvezza, e sono pochi gli operai del Vangelo. Pensate: ancora la metà dell’umanità non conosce Dio…». L’importante era fare del bene. Era la prima ad agire, divenendo modello per le sue suore.
Alla sua morte, don Alberione ne sintetizza la vita: «Fu un’anima contemplativa… tutto vedeva in Dio, tutto proveniente da Dio, tutto ordinato a Dio, tutte le azioni indirizzate alla gloria di Dio. Quando si è arrivati a questo punto, allora l’anima è preparata a entrare in Paradiso, perché il Paradiso è glorificazione di Dio». Quel Paradiso al quale Suor Tecla da sempre anelava: «Ho guardato tanto le stelle stanotte: di lì, dietro quelle stelle, il bel Paradiso ci aspetta. Coraggio! Guardiamo sempre in su!».