Venire in chiesa non è una tappa turistica!
In quei giorni, Salomone si pose davanti all’altare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e, stese le mani verso il cielo, disse: «Signore, Dio d’Israele, non c’è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! … Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica… Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: “Lì porrò il mio nome!” (1 Re 8,22-23.27-29).
Il testo parla di una teofania di Dio ai tempi del re Salomone. Il Signore scende come nube sul Tempio, che viene riempito della gloria di Dio. Il Signore parla al suo Popolo in tanti modi: attraverso i profeti, i sacerdoti, la Sacra Scrittura. Ma con le teofanie parla in un’altra maniera, diversa dalla Parola: è un’altra presenza, più vicina, senza mediazione, vicina. È la Sua presenza. Questo succede nella celebrazione liturgica. La celebrazione liturgica non è un atto sociale, un buon atto sociale; non è una riunione dei credenti per pregare assieme. È un’altra cosa. Nella liturgia, Dio è presente, ma è una presenza più vicina. Nella Messa, la presenza del Signore è reale, proprio reale.
Quando noi celebriamo la Messa, noi non facciamo una rappresentazione dell’Ultima Cena: no, non è una rappresentazione. È un’altra cosa: è proprio l’Ultima Cena. È proprio vivere un’altra volta la Passione e la morte redentrice del Signore. È una teofania: il Signore si fa presente sull’altare per essere offerto al Padre per la salvezza del mondo.
Noi sentiamo o diciamo: “Devo andare a Messa, devo andare a sentire Messa”. La Messa non si “sente”, si partecipa, e si partecipa in questa teofania, in questo mistero della presenza del Signore tra noi.
Il presepe, la Via Crucis, sono rappresentazioni; la Messa, invece, è una commemorazione reale, cioè è una teofania: Dio si avvicina ed è con noi, e noi partecipiamo al mistero della Redenzione.
Purtroppo, tante volte guardiamo l’orologio a Messa, contiamo i minuti. Non è l’atteggiamento proprio che ci chiede la liturgia.
La liturgia è tempo di Dio e spazio di Dio, e noi dobbiamo metterci lì, nel tempo di Dio, nello spazio di Dio e non guardare l’orologio.
La liturgia è proprio entrare nel mistero di Dio, lasciarsi portare al mistero ed essere nel mistero. Non è una tappa turistica. Noi ci riuniamo per entrare nel mistero: è questa la liturgia. È il tempo di Dio, è lo spazio di Dio, è la nube di Dio che ci avvolge tutti.
Celebrare la liturgia è avere questa disponibilità a entrare nel mistero di Dio, nel suo spazio, nel suo tempo, e affidarsi a questo mistero.
Ci farà bene oggi chiedere al Signore che dia a tutti noi questo “senso del sacro”, questo senso che ci fa capire che una cosa è pregare a casa, pregare in chiesa, pregare il Rosario, pregare tante belle preghiere, fare la Via Crucis, leggere la Bibbia… e un’altra cosa è la celebrazione eucaristica.
Nella celebrazione entriamo nel mistero di Dio, in quella strada che noi non possiamo controllare: soltanto è Lui l’Unico, Lui la gloria, Lui è il potere, Lui è tutto. Chiediamo questa grazia: che il Signore ci insegni a entrare nel mistero di Dio.
Papa Francesco (11.2.2014)